Eric Zemmour è un giornalista e saggista francese, ebreo di origine algerina, nato a Montreuil, in Francia nel 1958.
Scrive su Le Figaro, grande quotidiano francese di orientamento conservatore.
Nel suo libro “Le Suicide Français”, si schiera apertamente contro l’immigrazione, il multiculturalismo e la globalizzazione della società francese.
Avversa l’egemonia culturale della sinistra, cominciata nel Sessantotto, sostenendo che “l’ideologia antirazzista e multiculturale della globalizzazione sarà per il Ventunesimo secolo quello che il nazionalismo è stato per il Diciannovesimo e il totalitarismo per il Ventesimo: una fede messianica e guerrafondaia nel progresso, che trasforma il conflitto tra nazioni in un conflitto all’interno delle nazioni”.
È diventato molto popolare da quando dal 2019 è ospite permanente alla trasmissione del giornale televisivo delle ore 19 di CNews, che da quando c’è lui a quell’ora è la più seguita di tutte in Francia.
Da questo pulpito critica il sistema francese, senza alcuna concessione al politicamente corretto. Non ha alcun timore reverenziale verso la “casta”, diremmo noi italiani, l’èlite politico-mediatica, che a suo dire limita la libertà di espressione ed impedisce di chiamare le cose col loro vero nome.
In una lunga intervista su Valeurs Actuelles, il giornalista che lo intervistava, ha chiesto ad un certo punto che cosa farebbe se fosse al potere, se fosse lui il Presidente.
Zemmour si schernisce, ma poi aggiunge che tante sono le rotture necessarie nell’attuale sistema, per operare i cambiamenti da fare immediatamente. Dice testualmente “…ma se acconsento a fare questo gioco (cioè far finta di essere il presidente), direi che la prima rottura riguarderebbe ovviamente la politica dell’immigrazione in senso lato, poiché penso che sia la questione essenziale, anche esistenziale. Gli immigrati non avrebbero più il diritto di decidere sulla politica di immigrazione in Francia. Questo fatto avrebbe molte conseguenze. Aboliremmo il ricongiungimento familiare; il matrimonio con uno straniero – 90.000 all’anno – non permetterebbe più il suo arrivo in Francia o la sua naturalizzazione automatica dopo due anni; decideremmo che gli studenti stranieri devono pagare di più e che possiamo sceglierli, che il diritto di asilo sarebbe sospeso o non potrebbe essere richiesto in Francia, ma nei consolati all’estero, che il diritto del suolo (ius solis) sarebbe abolito, che gli assegni familiari non sarebbero più corrisposti agli stranieri. Verrebbero mantenute le misure assicurative (sicurezza sociale, ecc.), Ma le misure di solidarietà nazionale sarebbero riservate ai cittadini francesi. Espelleremmo i delinquenti stranieri, elimineremmo la doppia nazionalità per i non europei e estenderemmo i casi di decadenza della cittadinanza … Insomma, torniamo a quanto si faceva in Francia fino agli anni Settanta”.
Il giornalista obbietta:
“Lei sta parlando di quelli che stanno arrivando adesso. Ma cosa fare per chi c’è già, francese, e chi non si integra?”
“L’ho detto: espulsione di tutti i delinquenti stranieri, privazione della nazionalità in caso di reato grave, chiusura di tutte le moschee salafite o moschee detenute dai Fratelli Musulmani, divieto di tutte le associazioni straniere come avveniva prima, abolizione del diritto di ricorso in giudizio delle associazioni (abolizione della legge Pleven), abolizione di tutte le sovvenzioni alle associazioni per la difesa degli stranieri, ripristino della legge sui nomi francesi… Molte sono le misure da prendere. E lì, c è una rottura. Si tratta semplicemente di ristabilire la Francia degli anni Sessanta. Inoltre, se la questione dell’identità è essenziale, non è l’unica. Dovremmo sviluppare una vera politica industriale e ripristinare anche un’istruzione pubblica degna di quello che era, perché penso che uno dei nostri problemi fondamentali sia il crollo del nostro livello di istruzione. Uso apposta la parola istruzione per sfuggire alle derive ideologiche dell’educazione nazionale. Queste le 4 ‘i’ : immigrazione, Islam, industria, istruzione”.
Nel frattempo una nuova condanna.
Venerdì 25 settembre, il polemista è stato multato di 10.000 euro per insulto e incitamento all’odio dopo una violenta diatriba su Islam e immigrazione nel settembre 2019 durante una manifestazione politica a Parigi, Il tribunale di Parigi lo ha condannato per i commenti fatti il 28 settembre 2019, in apertura di un incontro chiamato “Convenzione di destra” e organizzato e promosso da Marion Marechal, ex deputata e nipote di Marine Le Pen, ora direttrice di una scuola di scienze politiche da lai stessa fondata.
Una nuova polemica è scoppiata e si prevedono nuove incriminazioni per il nostro giornalista.
Mercoledì 30 settembre, Eric Zemmour, invitato a discutere sul set di CNews sui giovani immigrati, afferma esplicitamente: “Non hanno niente da fare qui, sono ladri, sono assassini, sono stupratori, ecco tutto. Devono essere rimandati indietro ”. La conduttrice della trasmissione Christine Kelly è intervenuta e gli ha fatto notare che “tutti i minori non accompagnati non sono necessariamente stupratori”. Il giornalista ha replicato: “Tutti i minori non accompagnati non sono stupratori, ladri, hai ragione, ma la responsabilità della Francia e del governo è di non correre il rischio. Finché ce n’è uno, non dobbiamo lasciarli entrare. Perché è uno stupratore, un ladro, un potenziale assassino che perseguita i francesi. La responsabilità del governo non è l’umanesimo per gli stranieri, è la protezione dei francesi.”
Sì, sono affermazioni molto forti per le nostre orecchie vellutate dal politicamente corretto: tuttavia i fatti hanno dato drammaticamente ragione a Zemmour. Quanto è successo nel corso del mese di ottobre ne è la prova.
Dovrà subire ancora processi?