Il Principato sul Corriere della Sera.
Nell’edizione del 10 novembre 2020 del Corriere della Sera si legge un articolo sul Principato di Monaco.
Il pezzo, a pagina 11 (edizione on-line), è di piacevole lettura, l’autore, Stefano Montefiori, è un corrispondente del giornale da… Parigi.
Di solito leggo quello che scrive sulla Francia e Parigi: è un bravissimo giornalista che si documenta e conosce la realtà francese.
Tuttavia mi aspettavo una maggiore accuratezza dal Corriere della Sera: Monte-Carlo si scrive così, in due parole divise da un trattino, non Montecarlo (quest’ultimo è un comune italiano in provincia di Lucca, di circa 4000 abitanti). Per tutto l’articolo viene usato il termine “Montecarlo”.
Il nome è importante quando si designa un luogo o una persona; è imperativo scriverlo e pronunciarlo correttamente, soprattutto se connesso all’identità, alla storia del denominato.
Monte-Carlo si chiama così perché il principe Carlo III (1818-1889), negli anni ’60 del 1800 scelse questo nome (il suo) per designare il nuovo quartiere da edificare sulle colline (“Monte”) piene di grotte (chiamate “Spélugues”).
Li dovevano sorgere il Casinò e gli alberghi di lusso destinati ad accogliere la ricca e aristocratica clientela internazionale.
Quindi Monte-Carlo non “Mont-Charles” perché allora la lingua ufficiale era l’Italiano.
Inoltre fare riferimenti storici senza contestualizzare può essere fuorviante.
Vero è che la Francia ha riconosciuto Monaco nel 1489, ma a quell’epoca non era un “enclave” in Francia.
Era uno Stato piccolo, ma di una certa dimensione, includeva Roccabruna, Mentone ed un vasto retroterra; era uno Stato cuscinetto fra il Ducato di Savoia e la repubblica di Genova. La protezione della Francia permise a Monaco di sopravvivere e di evitare l’annessione da parte dei suoi vicini.
Parlando di oggi, dal tono dell’articolo sembra che Monaco non abbia gli inconvenienti del lockdown e che si può licenziare senza motivo. In verità le regole e i comportamenti sono solo di poco diversi da quelli della Francia.
La legge che permette la risoluzione unilaterale del contratto di lavoro senza specificarne il motivo, è stata sospesa fin quanto durerà l’emergenza sanitaria.
Le varie centinaia di persone che hanno perso il lavoro a causa della chiusura delle aziende godono di una specie di cassa integrazione che qui a Monaco si chiama “indemnitè de chômage” (80% del salario netto), che può essere “total, temporaire, renforcè” (cioè indennità di disoccupazione totale, temporanea, o rinforzata).
Secondo gli ultimi censimenti a Monaco sono residenti quasi 40.000 persone e vi lavorano circa 53.000 salariati.
In gran parte si tratta di pendolari francesi, ma vi sono pure quasi 4.000 italiani.
Complimenti caro Mauro! Leggerti è stato ed è sempre un piacere. Pur conoscendo per sommi capi la storia e la normativa sociale dell’amato Principato di Monaco, è bello ricordarlo. Si cadeva spesso nell’errore “Montecarlo” . Puntualizzare la differenza fa onore a te e alla cultura. Ho letto che gli Italiani oggi sono circa 4000. Più di dieci anni fa se ne contavano circa 7000, a cosa è dovuta questa diminuzione? E incidono ancora di qualche migliaio i frontalieri? Leggo invece che il numero totale dei residenti è maggiore di prima, mi fa piacere. Avanti così, complimenti.
Un grande e affettuoso abbraccio a te e alla cara Liana da me e Paolo.