L’anno 2019 è stato un anno molto buono per il vino, ma poi è arrivato il Corona virus. Il mercato ne ha risentito, è cambiato, ma non abbiamo ancora le cifre del 2020. L’Italia comunque ha tenuto.
Una notizia interessante è che è nato il prosecco rosato, rosé, come si suol dire. La data ufficiale è il 28 ottobre 2020, quando è uscito sulla Gazzette ufficiale della U.E. il nuovo disciplinare che autorizza il prosecco rosé ; al vitigno bianco tradizionale, Glera, viene consentita l’aggiunta di Pinot Nero nella misura del 15%. C’è stata qualche polemica: questo prodotto non è nella tradizione, il Pinot non è un vitigno italiano, si tratta di una pura operazione commerciale per correre dietro alla moda dei rosé. Tutto, parzialmente, vero. Il Pinot nero comunque si trova in Italia da tempo immemorabile, soprattutto nella parte nord orientale. Le ragioni commerciali sono ovvie, il mercato dei rosé e degli spumanti è in espansione e le prospettivo di questa nuova bevanda sono incoraggianti, malgrado i tempi difficili, soprattutto in Germania e in Gran Bretagna. Il Prosecco merita per l’occasione come promemoria un piccolo richiamo storico.
Per capire di più, riporto qui qualche paragrafo da “La geografia del vino italiano” libro di cui sono autore e che è di prossima pubblicazione.
Provincia di Treviso.
Qui si trova il Prosecco e su questo vino italiano occorre fare un po’ di storia. Oggi il Prosecco è un vino bianco spumante prodotto nel Veneto e Friuli-Venezia Giulia che ha cominciato a raggiungere una certa notorietà fin dagli anni ’90 come Prosecco IGT ( indicazione geografica tipica). Nel 2009 ha conseguito la denominazione di origine controllata, DOC Prosecco e in seguito, sulla spinta del sempre più elevato livello di qualità e fama conseguiti, ha raggiunto in alcuni casi la DOCG, in località più circoscritte, come Conegliano e Valdobbiadene.
La storia tuttavia di questo vino viene da lontano e da altrove. Nel ’500 a Trieste, città allora importantissima, porto del Sacro Romano Impero, era fiorente la vino-viticoltura, esercitata all’esterno delle mura cittadine. Venne assegnato il nome di Prosecco ad un vino che anticamente era molto famoso col nome Castellum Nobile Vinum Pucinum. Il Pucinum divenne nel tempo il Prosecco, prendendo il nome della località. La prima citazione è del 1593. Questo vino ebbe successo, veniva fatto con diversi vitigni e nei tempi la produzione da Trieste ed Istria si sposto’ sempre più in Friuli e nel Veneto. Oggi Prosecco è una frazione, borgo, di Trieste (vuol dire “Bosco Tagliato”) ed è situato a nove chilometri dal centro e ad un’altitudine di 232 metri sul livello del mare. Anticamente c’erano per l’appunto boschi e viti fra le quali il glera. I boschi furono tagliati per fare posto alle viti. I vari disciplinari hanno stabilito per l’appunto che l’85% delle uve deve provenire dal vitigno Glera e che il nome fa riferimento a quella località: Prosecco in Provincia di Trieste.
La diffusione nel mondo del Prosecco è stata fulminante e nel 2018 in occasione della cinquantaduesima edizione di Vinitaly a Verona è stata celebrata l’unione di tutti i consorzi che producono questo vino al fine di coordinare gli sforzi per diffonderlo ancora di più. I consorzi sono: Consorzio DOC Prosecco di nove province del Veneto e del Friuli-Venezia Giulia (440 milioni di bottiglie prodotte per anno), Consorzio DOCG Conegliano Valdobbiadene, (90milioni di bottiglie in 15 comuni in provincia di Treviso), e consorzio di Asolo (10 milioni di bottiglie). L’operazione si è chiamata Universo Prosecco. Da allora la produzione è ancora aumentata nel 2019 si hanno le seguenti cifre: DOCG Conegliano Valdobbiadene 92 milioni di bottiglie, DOCG Asolo 12 milioni e doc Treviso 485 milioni.
In futuro ci sarà anche il Rosé.
L’autore del Blog ringrazia la Federdoc e Quattrocalici per la gentile concessione delle foto.
In ottobre è arrivato il nuovo Ambasciatore italiano nel Principato. Si chiama Giulio Alaimo ed in seguito ha presentato le Lettere credenziali al Principe Alberto II. L’incontro ha avuto luogo nel corso di una significativa cerimonia alla quale ha fatto seguito un colloquio privato fra il Sovrano e il diplomatico italiano. Naturalmente sono stati evidenziati gli eccellenti rapporti di collaborazione esistenti fra i due Paesi e le prospettive di un rafforzamento ulteriore. Alaimo ha poi incontrato, sempre alla presenza del Principe Alberto, il Ministro di Stato Pierre Dartout e gli altri Ministri della compagine governativa monegasca. L’ambasciatore precedente, Cristiano Gallo, è stato nominato ambasciatore in Angola. Da questa sede gli facciamo tanti auguri. Ricordiamo che il mandato di ogni ambasciatore è a termine, di regola mutano ogni quattro anni. Gallo ha operato molto bene ed ha svolto la sua funzione sempre in contatto con la operosa comunità italiana presente, più di 8.000 persone, il 20% della popolazione residente. Oltre a questi ci sono anche gli oltre 3.000 frontalieri.
Il nuovo ambasciatore prima di arrivare a Monaco era console generale a Zurigo dove ha operato efficacemente in una realtà molto complessa. Gli italiani a Zurigo sono oltre 50.000, dove vi sono pure tante realtà. Ne elenchiamo alcune oltre naturalmente al Consolato Generale di Zurigo che ha competenza per tutta la Svizzera di lingua tedesca e il Liechtenstein.
Associazione svizzera per i rapporti economici e culturali con l’Italia; Camera di Commercio Italiana per la Svizzera (che esiste dal lontano 1909 e svolge un lavoro molto importante per lo sviluppo degli affari fra Italia e Svizzera); Cattedra de Sanctis del Politecnico federale di Zurigo; Comites; IIC (Istituto italiano di cultura di Zurigo); Pro Grigioni Italiano; Pro Ticino di Zurigo; Seminario di Romanistica dell’Università di Zurigo; Società Dante Alighieri. Iniziativa culturale recente patrocinato da Consolato Generale e Comites, il 28 ottobre : “Le donne e la politica”, incontro-intervista con la Consigliera agli Stati (componente del Senato svizzero) Marina Carobbio, a cura della giornalista RSI (Radio TV della Svizzera Italiana) Lida De Bernardi.
CURIOSITÀ / RICORDO INDELEBILE DI MARADONA
A Hollywood esiste una Walk of Fame, mentre a Monaco c’è la The Champions Promenade, situata al Grimaldi Forum, in Boulevard Princesse Grace. Sono simili, solo che la seconda è più piccola, essendo, ovviamente, proporzionale al Paese. Ed è dedicata allo sport, principalmente ai calciatori. Ma forse è un fatto poco conosciuto che il primo ad avere immortalato le sue impronte, il 26 agosto 2003 è stato proprio El Pibe de oro, Diego Armando Maradona, recentemente scomparso. È una ragione di più, soprattutto per gli amanti del calcio e gli ammiratori del leggendario giocatore, di visitare il Principato di Monaco.
CELEBRAZIONE DI ALBERTO I, antenato illustre di Albert II
Alberto I è l’illustre antenato di Alberto secondo. Nato nel 1848, è diventato principe regnante alla morte del padre, Carlo III, colui che fondò Monte-Carlo. Fu un personaggio di grande spessore, chiamato anche, Prince savant e Prince navigateur. Per avere un’idea delle cose straordinarie che ha intrapreso per le scienze del mare, potete fare una visita al bellissimo Musée Océanographique di Monaco, dove diversi spazi gi son dedicati. Non solo, ma molti dei reperti presenti nel Museo sono opera sua, frutto di tante spedizioni scientifiche di cui è stato protagonista. Ed anche nel mio libro, “Monaco, il Principato, par la grâce de Dieu” trovate molte notizie su questo straordinario Monarca, per il quale ho una grande ammirazione.
Regnò fino alla sua morte avvenuta nel 1922. Durante il suo regno successero tante cose, una delle più significative fu il fatto che il Principato di Monaco diventò una monarchia costituzionale, con una Costituzione e un Parlamento.
Nell’autunno 2020 nel Principato è già stato istituito un comitato per celebrare e ricordare il centenario della sua morte.
CORONAVIRUS
Anche a Monaco l’epidemia ha colpito, ma il Principato si è organizzare per limitare i danni ai suoi cittadini e lavoratori. L’attività economica ne ha risentito e i grandi alberghi sono rimasti tristemente vuoti ed hanno fatto ricorso ad una specie di cassa integrazione, cosa inedita. Ricordiamo che il Principato non ha debiti come gli altri Stati e fa fronte agli impegni scaturiti dall’epidemia con mezzi propri. Il mercato immobiliare, per abitazioni, tiene. Tutto lo lo Stato e le istituzioni si preparano con nuovi investimenti alla ripresa, quando verrà… Speriamo presto!
In data 1° gennaio 2020 la popolazione residente in Italia è di 60.244.639 persone.
Questi non sono tutti italiani in quanto nel nostro Paese ci sono pure 5.306.548 stranieri regolarmente registrati.
Inoltre ci sono gli italiani residenti all’estero, iscritti all’AIRE, Anagrafe degli Italiani residenti all’estero, che sono 5.486.081.
Dati forniti per l’appunto dal RIM, Rapporto italiani nel mondo 2020.
Gli italiani all’estero sono cresciuti nel corso dell’anno di 198.000 unità mentre sono calati in Italia di 189.000. Nel periodo considerato gli italiani residenti all’ estero sono il nove per cento, rispetto all’insieme di tutti gli italiani.
Questi sono quelli che hanno o possono avere un passaporto, cittadini della Repubblica Italiana.
Tuttavia non tutti gli italiani all’estero si iscrivono all’ AIRE.
Oltre a questi ci sono i discendenti di quelli che nel corso dai secoli, ma soprattutto dopo l’unificazione, hanno lasciato l’Italia e altri luoghi dove si parlava Italiano o un dialetto italico.
Questi sono decine di milioni, circa 200 secondo il movimento “Italici.” Ne parleremo in una altra occasione.
Ritorniamo per il momento al RIM.
Il Rapporto raggiunge nel 2020 la sua quindicesima edizione; nel corso degli anni si è via via perfezionato fino a diventare, per chi si interessa di questi problemi, una vera “ Bibbia”. Mi sia perdonato l’ardire.
L’istituzione che ha promosso questi studi, è la Fondazione Migrantes, organismo pastorale della CEI, Conferenza Episcopale Italiana. Non a caso la Chiesa cattolica fin da quando iniziarono i tristi esodi dell’Ottocento, ha seguito e confortato gli emigranti italiani nel mondo. Ancora oggi vi sono fuori d’Italia chiese dove il rito è praticato in Italiano. Nel volume vi è uno spazio significativo: Gli italiani in Europa e la Missione cristiana (pag. 515).
In questa edizione si trovano, come nel resto anche nelle altre, tutte le analisi statistiche necessarie per inquadrare il fenomeno nella sua enorme complessità.
Si trova pure, per la prima volta l’esame della mobilità italiana partendo dalle province, ci si indaga da dove esattamente si mossero i primi migranti.
Si individua il percorso migratorio perfetto; dallo svuotamento di campagne e periferie alla circolazione. La mobilità per molti è un dramma,” ma di per sè non è dannosa, “ma lo diventa quando è a senso unico”.
Il tema viene sviluppato ampiamente dalla curatrice del volume, Delfina Licata, che col suo talento di ricercatrice impegnata e competente trasforma la montagna di dati e statistiche in un raconto appassionato su gli italiani fuori d’Italia.
Non vi faremo il riassunto del libro, vogliamo solo suscitare il vostro interesse. Il volume è consultabile on line. www.migrantes.it
Il secondo tempo ha origine da una rottura (cassure), del quinquennio di Macron, così come definito dal periodico Le Point del 4 novembre 2020.
Qui troviamo la cronaca del giorno senza fine (jour sans fin), il 29 ottobre quando in Parlamento alle ore 9 circa del mattino arriva la notizia di un attentato all’arma bianca in corso a Nizza. Passa qualche minuto ed arriva un’altra notizia : vittima decapitata.
Il fatto accade quando il Paese è ancora sotto choc per l’attentato del 16 ottobre a Confians-Sainte-Honorine dove il professore Samuel Paty, insegnante di scuola viene ucciso, decapitato, da un terrorista islamico.
Fra i primi a raccogliere la notizia è il deputato LR Eric Ciotti, eletto a Nizza.
Un altro deputato, LREM, dirà in seguito che ha vissuto il giorno più nero del quinquennio (Stanislas Guerini,”j’ai vécu le jour le plus noir du quinquennat”, pag. 64 del numero 2515 di Le Point del 4 novembre).
Intervistato l’On. Ciotti dichiara, fra altre cose:
“ … Il difetto (la faille) sta nell’ingenuità del nostro Paese che accoglie due milioni di immigrati regolari in 5 anni sotto Emmanuel Macron. Ci viene detto della lotta al separatismo. Ma se non fermiamo i flussi migratori non fermeremo il comunitarismo.
Il presidente non ha la volontà politica di lottare contro l’islamismo radicale: Emmanuel Macron trova il tempo per commentare la situazione politica libanese ma rifiuta di reagire all’attacco islamista davanti alla sede dell’ex Charlie Hebdo!”
Non osa nemmeno menzionare il termine islamismo radicale: “Parlando di separatismo, il presidente Macron si rifiuta di dire che il problema è l’islamismo! È l’islamismo che ci sta attaccando, è l’islamismo che dobbiamo combattere, che dobbiamo distruggere! ….
Anche la politica penale deve essere ferma: uno straniero condannato in Francia che viola il patto repubblicano, che viola l’asilo, (le leggi che regolano in Francia il diritto all’asilo politico) deve essere espulso!
Inoltre, tra il 2018 e il 2020, 2.260 islamisti sono usciti dalle nostre prigioni! Riformiamo la Costituzione per consentire una detenzione sicura contro questi islamisti che escono di prigione. Proteggiamo i francesi! “
In ottobre sono successe tante cose, come il nuovo manifestarsi del terrorismo islamico, sempre latente, ma che è scoppiato con grande virulenza sullo sfondo del processo in corso sugli attentati del 2015, commessi contro Charlie Hebdo, il famoso periodico francese laico, satirico e irriverente, soprattutto verso Maometto.
Ne sono state evocate le caricature, ma in Francia si conferma la cultura laica, con essa la libertà di stampa e di parola e la possibilità di criticare e ridicolizzare anche il profeta.
Mancare di rispetto al profeta è una bestemmia, un crimine per l’Islam, la Charia non lo permette; ma la Francia non è uno Stato laico? Per molti musulmani tuttavia la Charia prevale sulle leggi della Repubblica, le leggi le fa Dio, non le fanno gli uomini…..
(Charia in arabo vuol dire cammino per rispettare la legge di Dio).
Ricordiamo ai lettori che La Francia è l’unico paese della U.E. con una popolazione di immigrati di origine prevalentemente africana o magrebina molto numerosa, e che professa la religione musulmana.
Parte di questa popolazione è giovane o di recente immigrazione, composta da elementi indigenti o non qualificati, disoccupati per il 30 o 40%.
Vivono in ghetti ubicati in squallide periferie che sono diventati luoghi di traffico di droga e criminalità incontrollata con una polizia assente, poco attrezzata e scarsamente motivata.
Il sistema giudiziario francese, secondo molte autorevoli opinioni, è uno dei più permissivi e le sanzioni sono insufficienti, spesso non applicate e con condizioni di detenzione deplorevoli che aumentano il rischio di recidive successive.
Gli atti di rivolte e di ribellione sono frequenti. Molti osservatori paventano una eventuale guerra civile. Al momento tuttavia, non siamo a questo punto perché la maggioranza dei francesi e una parte rilevante degli stessi immigrati più consapevoli si oppongono a comportamenti delinquenziali.
La tragedia è che una minoranza di sinistra francese “benpensante” sosterrà sistematicamente i delinquenti contro la polizia, giustificando il loro comportamento e mettendo in dubbio l’integrità delle forze dell’ordine.
Secondo un sondaggio Ifop (Institut français d’opinion publique) del 2019 – riportato da diverse fonti di stampa francese – il 37% dei musulmani ritiene che spetti al secolarismo francese adattarsi alla pratica dell’Islam e il 27% pensa addirittura che la Charia, la legge islamica, dovrebbe prevalere sulle leggi della Repubblica.
Il porto del velo è al centro di queste preoccupazioni, un vistoso simbolo religioso; il 68% dei praticanti crede che una ragazza dovrebbe avere il diritto di indossarlo a scuola, dove è proibito. E il 59% considera la legge contro il porto del velo totale come una cosa negativa. Dati che riflettono un rifiuto dell’integrazione e un rifiuto del modello francese. Sono quindi il 40% a anteporre le proprie convinzioni ai valori della Repubblica, e il 74% tra gli under 25. Un’incompatibilità dell’Islam con i valori della società francese considerata ovvia dal 29% dei praticanti e dal 45% dei giovani.
In nessun’altra parte del mondo si vedono immigrati di prima o seconda generazione che attaccano una stazione di polizia con il mortaio, che ricevano gli applausi di una sinistra/sinistra sempre più radicale, complice e compiacente. I fatti sono successi a Champigny-sur-Marne, il 10 ottobre 2020.
Questo è quello che ha detto il primo ministro domenica il primo novembre 2020 su TFI e ripreso dalla stampa.
A seguito dei fatti di terrorismo prima a Confians-Sainte-Honorine e poi a Nizza, Jean Castex ha denunciato i compromessi con l’islamismo radicale sedimentati per troppi anni prima del suo arrivo e chiede alla comunità nazionale di essere unita e forte nei suoi valori per portare avanti la lotta ideologica contro questo nemico. Dice testualmente: “Sì, questa lotta è ideologica, il nemico cerca di dividerci diffondendo l’odio e la violenza, per spezzare la comunità nazionale. Voglio qui denunciare tutti i compromessi che ci sono stati, i tentativi di giustificare questo islamismo radicale, la pretesa che noi francesi dovessimo auto-flagellarci per le nostre colpe, pentirsi per il colonialismo, e che altro ancora?
“Siamo in guerra e per vincerla la comunità nazionale sia solidale, sia unita, fiera delle proprie radici, della nostra identità, della nostra Repubblica, della nostra libertà: dobbiamo vincere. Queste lassismo deve finire.
Non più compiacimento di intellettuali, di partiti politici. Dobbiamo stare uniti sulla base dei nostri valori, della nostra storia”.
Sul piano delle risposte operative e repressive ha sottolineato lo scioglimento prossimo di associazioni islamiche. Continuiamo la lettura in francese.
«Il faut attaquer le mal à la racine, (…) ils s’attaquent à des associations paravents, à des fausses mosquées, ils forment des écoles clandestines, ils utilisent les réseaux sociaux, tout cela est au coeur de notre stratégie».
«Les écoles clandestines, nous en fermons, nous allons continuer à en fermer; les fausses associations qui font du lavage de cerveau, nous allons les dissoudre (…), nous en avons fermées deux et nous allons continuer», «Nous devons impérativement renforcer notre législation, surtout le moyen d’action pour faire face à la haine sur les réseaux sociaux».
IlFigaro Magazine del 6 novembre 2020 titolava: “Immigration: la fin d’un tabou”.
Da questo momento si potrà associare frontiere ed immigrazione quando si deve discutere, ad ogni livello, sulle cause del terrorismo e per dare risposte agli attacchi islamisti.
Per la battaglia contro il separatismo (islamista) è ora prevista una legge ad hoc, di prossima presentazione in Parlamento. Ma avrà Macron il coraggio di andare fino a fondo?
Tutto questo succede mentre in Francia imperversa il Corona virus.
Macron e il governo sono criticati da ogni parte per le misure adottate e non si sa ancora come si passerà il Natale.
Un altro fatto ancora sconvolge l’opinione pubblica francese.
Nella serata del 21 dicembre la polizia interviene negli studi del produttore rap Michel Zecler che viene malmenato e insultato da 4 agenti.
L’ episodio viene, all’insaputa dei poliziotti, registrato e diffuso.
La Francia vede e freme di indignazione.
Prima ancora tuttavia di conoscere a fondo i fatti gran parte dell’opinione pubblica ha già condannato i quattro poliziotti.
Pochi giorni dopo, tuttavia, la verità sembra più sfumata di quanto non sembri.
Il settimanale Valeurs Actuelles (VA) mette sulla copertina del suo numero del 3 dicembre 2020, invece di un titolo, una sequenza di frasi che illustrano alla perfezione la situazione:
“Agressés, insultés, abandonnés…”
“Héroïque comme un flic [poliziotto, nda] en France.
“Violences anti-policières, propagande d’extreme gauche, lâchetés politiques: la vérité sur une trahison”.
La legge in corso di esame in Parlamento che, fra altre cose avrebbe dovuto limitare la diffusione di immagini sugli interventi della polizia, viene messa in discussione.