Tra il Principato di Monaco e la città di Ventimiglia sono da sempre esistiti dei legami forti.
Proponiamo qui di seguito un testo di Filippo Rostan, che nella “Storia della Contea di Ventimiglia” (Istituto Internazionale di Studi Liguri – Bordighera, 1971) spiega l’importanza di questa relazione, vecchia da secoli.
I Grimaldi a Ventimiglia
Negli anni successivi alla occupazione genovese di Ventimiglia, i cittadini che avrebbero gradito il proseguimento dello stato di Libero Comune Marinaro, pur appartenendo alla fazione ghibellina, si affidarono alla guelfa famiglia Grimaldi, in amicizia con il Governatore di Provenza, per contrastare il più possibile l’ignobile attività interna dei De Giudici e del loro losco Albergo. Le sorti dei Grimaldi nel possesso della Rocca di Monaco, divennero essenziali per il prosieguo di tale politica, cosicché quando tra alti e bassi l’abilità dei Grimaldi riuscirà a far insediare saldamente la famiglia sulla Rocca del Principato, molti ventimigliesi ne furono soddisfatti. Non avrebbero ritrovata la loro libertà diretta, ma potevano aggregarsi a quella “libertà” monegasca, che ancora oggi compiace molti Intemeli.
Carlo Grimaldi, Vicario angioino
Nel 1331, il Governatore della Provenza, Re Roberto d’Angiò indusse anche le fazioni della città di Genova a riconciliarsi, il che fecero in sua presenza, in Napoli, il 3 settembre.
Poco dopo, a Carlo Grimaldi, fatto importantissimo e gravido di conseguenze, vengono concessi Monaco e Roccabruna, che terrà in nome e per conto della Repubblica. Dobbiamo presumere che tale concessione gli venisse fatta sotto la pressione del Re, il quale, in procinto di lasciare il governatorato della Repubblica e prevedendo un ritorno ghibellino, intendeva assicurarsi i vantaggi di una situazione preponderante sulla frontiera.
Già con la pace di Pigna la sorte dei guelfi s’era rialzata: ormai con queste due nuove acquisizioni essi hanno la preponderanza assoluta nella Contea, che da Molinetto a Saorgio e Bordighera, più Dolceacqua e Abeglio, tutto è in mano loro o del Re. Stante le loro aspirazioni separatiste la situazione è tale che la più piccola mossa sbagliata da parte di Genova può provocare l’irreparabile. Irreparabile che, grazie allo stato di perpetua violenza in cui la città viveva, non tarderà a prodursi.
Nel febbraio del 1335, i ghibellini genovesi ritornano al potere. Essi vogliono subito riprendere in mano il controllo della frontiera e si portano con una flotta all’attacco di Ventimiglia e di Monaco. Riconquistano Ventimiglia, ma Carlo Grimaldi li respinge da Monaco, rientra a sua volta in Ventimiglia e, con i guelfi locali, decide senz’altro il grande passo: il passaggio alla Provenza. I deputati ventimigliesi si recano tosto dal Re per la messa a punto e la consacrazione degli accordi e, dopo soltanto tre mesi dal trionfo ghibellino in Genova, il 25 maggio 1335, nella Cattedrale di Ventimiglia, presente il Siniscalco di Provenza, Sanguinetto di Haumont, Carlo Grimaldi, Governatore della Città e Agamellino Grimaldi, Podestà, vengono lette al popolo radunato le condizioni dell’annessione. Con esse il Re crea la Vicaria di Ventimiglia su quella che era stata la Contea di Ventimiglia nella sua massima espansione, escluso San Remo.
I cittadini presenti accettano e la bandiera provenzale viene issata sulla città. Tre giorni dopo i capi famiglia di parte guelfa, radunati nel forte della Rocca, giurano fedeltà al Re.
Le teste di ponte della Repubblica e dei ghibellini dell’alta Italia, contenenti la pressione della guelfa Provenza, sono crollate quasi di colpo. I Lascaris, rimasti isolati e a causa di una impossibile reazione genovese, forse modificarono i termini del loro omaggio, ma i Doria non si sottomisero, e disertarono le loro terre.
L’avvenimento coincideva col ristabilirsi della situazione provenzale in Piemonte dove, il 10 settembre seguente, intervenne un trattato fra il Re e il Conte di Savoia, in virtù del quale questi riconosceva in feudo a Roberto la contesa Possano e gli rimetteva Savigliano.
Con la «Vicaria della Contea di Ventimiglia e Val Lantosca» culmina e ha termine il secondo periodo dell’espansione provenzale.
Nella continuità di queste relazioni di amicizia e cooperazione tra Ventimiglia e il Principato di Monaco, sabato 4 Settembre alle ore 17,50 sarò presente a Ventimiglia, nel Chiostro di Sant’Agostino (Sala Polivalente) su invito della città, per presentare il libro che spiega tutto su Monaco: la storia, l’arte e l’architettura, le possibilità di vivere e di lavorare e tutto ciò che è da sapere.
La Libreria Emporium di Ventimiglia gestirà uno stand dove sarà in vendita il libro.
Su il quotidiano Figaro, di sabato/domenica 31 luglio-2 agosto 2021, abbiamo letto :
“Le tiramisù, la recette gagnante de Marlène Schiappa”.
Madame Schiappa non è chef (cheffe, come dicono in Francia, femminizzando ridicolmente le parole, come noi in Italia quand diciamo “sindaca”) de cuisine, ma giovane ministro del governo Castex.
Nata a Parigi il 18 novembre 1982, è scrittrice, militante femminista e politica francese. Dal luglio 2020 è ministro delegato responsabile della cittadinanza nel governo del primo ministro Jean Castex. Nel governo precedente aveva ricoperto il ruolo di Segretario di Stato per l’uguaglianza di genere. In Francia esiste questa figura ministeriale, in francese si dice: secrétaire d’ Etat chargé de l’ Egalité entre les hommes et les femmes et de la lutte contre les discriminations.
Scrittrice e animatrice di un blog di grande successo “Maman travaille”, già militante del Partito Socialista, ha lasciato a suo tempo questo partito per raggiungere Emanuel Macron.
Si tratta di una “marcheuse” della prima ora, impegnata con Macron per portare avanti le sue idee. Marcheuses si chiamano le militanti di sesso femminile impegnate nel partito di Macron, LREM, la République en Marche.
Non vogliamo tuttavia citare Marlene Schiappa come politico: in questo campo le sue fortune sono certamente in pericolo, in quanto strettamente legata al destino declinante del Presidente della Repubblica.
L’articolo di Figaro infatti ci fa conoscere una donna impegnata in famiglia, che ama marito e figlie; come una mamma italiana si preoccupa di cucinare cose buone per la famiglia.
Infatti le sue origini sono italiche, padre corso e mamma italiana, marito di Marsiglia.
Marlène dà una grande importanza alla cucina, quella tradizionale; disdegna la nouvelle cuisine e quella molecolare. Dice testualmente: “la cuisine chichi, ça n’est pas trop mon truc”.
Cucinare è anche condividere, passare tempo insieme ed insieme cucinare facendosi aiutare da figlie e marito. Questi sono i momenti felici di una vita in famiglia.
I piatti sono quindi italiani, italianizzanti e mediterranei. La sua specialità è il tiramisù, che ha insegnato alle sue figlie come fare. Sul giornale dà ai lettori di Figaro la ricetta originale, aggiungendo che è un dessert che tiene alto il morale.
Infatti letteralmente in francese si traduce in “Redonne-moi des forces” .
Il 22 settembre prossimo venturo alle ore 11, con un evento della durata di circa un’ora, presso la sede dell’Associazione Stampa Estera a Roma, prenderà il via l’“Italica global community,”
Il concetto di “Italicità” è stato affermato per la prima volta da Piero Bassetti nel libro “Svegliamoci Italici! Manifesto per un futuro glocal” (2015), in cui l’autore illustra le potenzialità offerte dall’appartenenza italica e la necessità di stimolare, nei 250 milioni di italici sparsi per il mondo, una presa di coscienza del loro essere parte di una grande ed autorevole “Comunità globale”.
Nel Principato di Monaco, si è parlato di Italici nel corso di un incontro promosso da Mauro Marabini che aveva per l’occasione invitato Piero Bassetti, a presentare il libro.
L’incontro ha avuto luogo nell’espace culturel “Scripta Manent” alla presenza di numerosi italiani di Monaco, dell’ambasciatore e di tutti i notabili della nostra comunità. C’erano anche tanti non italiani, ma italofoni, che quella sera hanno appreso che erano italici.
Gli italici sono ovviamente gli italiani in Italia e all’estero, i ticinesi, i sammarinesi, i dalmati, i discendenti degli italiani, ma soprattutto i milioni di italofoni che senza avere una goccia di sangue italiano, hanno abbracciato valori, stili di vita e modelli di quell’Italian way of life diffuso in tutto il mondo, ibridandoli con le culture dei Paesi in cui vivono.
Gli italici possono diventare una Comunità protagonista della storia globale, unita in una appartenenza fondata oggi non più esclusivamente su legami di discendenza, ma sul portato universale di storia e tradizioni, gusto per la bellezza e modo di vivere, che fanno dell’Italia e della lingua italiana un essenziale punto di riferimento culturale nel mondo, senza dimenticare che l’appartenenza italica, l’avere l’Italia nel cuore, è anche una grande risorsa di business e di mercato.
La presentazione dell’“Italica global community” è promossa dall’Associazione “Svegliamoci Italici”, nata nel 2019 e presieduta da Piero Bassetti.
L’evento del 22 settembre alla Stampa Estera di Roma sarà l’occasione per illustrare pubblicamente il pensiero “Italico” e per declinare le azioni volte alla concreta nascita e visibilità della Comunità Italica. L’incontro è disegnato come un format televisivo globale e digitale.
Ai tradizionali interventi in presenza si alterneranno proiezioni di filmati tratti da recenti trasmissioni di RAI Italia e dirette esterne da varie parti del mondo che vedranno come protagonisti esponenti italici della cultura, dell’imprenditoria, del giornalismo e dell’associazionismo giovanile.
L’evento alla Stampa Estera di Roma sarà trasmesso in diretta tramite la pagina Facebook https://www.facebook.com/ItalicaGlobalCommunity e sarà poi rilanciato nelle trasmissioni RAI dedicate all’estero, alla cronaca, alla politica e alla cultura; successivamente con la stessa pagina Facebook, oltre che con comunicati stampa e interviste, sarà data periodica informazione sulla preparazione dell’evento e poi del suo svolgimento.
Saranno invitati a partecipare in presenza, oppure a collegarsi con varie modalità, giornalisti corrispondenti stranieri e giornalisti italiani, personalità italiche “testimonial” nei loro ambiti di attività e significative rappresentanze del mondo universitario e giovanile, con un programma di lavori, la cui scaletta contiamo di poter rendere nota entro il 7 settembre.
Queste informazioni provengono dalla lettera che Umberto Laurenti, vicepresidente della associazione, ha inviato ai soci promotori il 26 luglio 2021.
Riflessioni a seguito della visita del Cardinal Parolin. Ma il Papa è mai stato a Monaco? Sì e no. Vediamo quando.
La visita del cardinal Parolin, 18 luglio 2021 ci ha ricordato come il Principato sia storicamente legato alla Chiesa cattolica.
I rapporti sono stati regolati con trattati e quello fra Monaco e Vaticano, firmata il 25 luglio 1981, aveva modificato la Bolla “Quemadmodum sollicitus Pastor” del 15 marzo 1886.
Nel testo si stabilisce che i Principi di Monaco hanno rinunciato al loro diritto di nominare il vescovo di Monaco, lasciando alla Santa Sede la libertà di farlo in sua vece.
Pertanto la Santa Sede, rispettando questi accordi, ha l’obbligo di comunicare il nome della persona scelta a S.A.S. il Principe di Monaco per sapere se ci sono possibili contestazioni di natura civile o politica riguardanti la suddetta persona.
Da parte sua, la Santa Sede si era impegnata ad elevare la sede di Monaco alla dignità di Arcidiocesi.
Il Segretario di Stato sua Eminenza Piero Parolin è venuto di persona a celebrare questo evento.
La Segreteria di Stato è il primo e più importante dicastero (ministero) della Curia romana (organo di Governo della Chiesa cattolica). Il Cardinale Segretario di Stato è quindi il primo collaboratore del Santo Padre, in un certo senso il suo Primo Ministro. È la massima autorità del Vaticano, dopo il Papa.
Ha avuto così modo di incontrare il nuovo arcivescovo di Monaco, Monsignor Dominique-Marie David.
Nato il 21 settembre 1963 in Francia nella diocesi di Angers, Monsignor David ha vissuto negli anni 2016/2019 a Roma, come rettore della chiesa di Santa Trinità dei Monti. A Monaco succede a Monsignor Bernard Barsi che ha lasciato la funzione per raggiunti limiti di età.
Dobbiamo pertanto aggiungere che, pur avendo il Principato una immagine mondana e modaiola, abbiamo visto che sotto luci e lustrini c’è un popolo di gente che lavora con lena e che fa impresa. Non solo lavora, ma anche, fatte le debite proporzioni, devota.
A Monaco la gente (di religione cattolica al 90%) va a Messa più che altrove, il 17% contro il 3% della Francia. In Italia secondo l’ISTAT sono il 28,8 % (dati 2014 citati da Sandro Magister).
Ai tempi di Benedetto XVI l’affluenza era pari al 30%.
A Monaco la Chiesa è importante; il sovrano governa “par la grâce de Dieu,” la il Cattolicesimo è religione di Stato (quest’ultimo si accolla molte spese). Il Principe invia a Roma un suo ambasciatore (che non è lo stesso accreditato per la Repubblica Italiana) presso la Santa Sede.
Storicamente il Principato è sempre stato “guelfo”: Francesco Malizia, guelfo di Genova, scappava dai Ghibellini (Anno Domini 1297). Già esisteva comunque dal 1215 la città fortificata di Monaco ed una bolla del Papa Innocenzo IV sanciva la nascita di una parrocchia indipendente da quella di La Turbie.
La parrocchia veniva dedicata a san Nicola, santo protettore dei marinai. La bolla data dal 1247, ma la chiesa fu ultimata solo nel 1321. Si trovava dove c’è ora la cattedrale. La parrocchia di Monaco era sotto la giurisdizione del vescovo di Nizza, mentre le parrocchie collocate nei territori di Mentone e Roccabruna dipendevano dal vescovo di Ventimiglia: situazione complessa che si sanò nel 1868, all’epoca in cui il Principato si era ridotto al solo comune di Monaco.
Stato piccolo, ma fieramente indipendente e in tale data si costituì la parrocchia autonoma separata da Nizza. Nel 1875 cominciò la costruzione dell’attuale cattedrale, che fu consacrata nel 1911, là dove c’era San Nicola.
In data 30 aprile 1868 infatti, il Papa Pio IX aveva fatto di Monaco “Abbaye nullius” ed in seguito nel 1887, grazie al papa Leone XIII veniva istituita la Diocesi e il suo capo diveniva vescovo.
Un secolo dopo, luglio 1981, papa Giovanni Paolo II faceva di Monaco un arcivescovado.
L’arcivescovo di Monaco non dipende della conferenza Episcopale di Francia , ma direttamente dalla Santa Sede. In quella occasione è stato pure siglato un accordo fra lo Stato Monegasco e la Santa Sede. Quindi a Monaco c’è un arcivescovo ed un vicario oltre ad una ventina di sacerdoti ed alcuni diaconi. Tutti sono molto impegnati in una intensa attività pastorale.
Ci sono molte associazioni cattoliche di vario tipo e un periodico, “Eglise à Monaco”, che prima usciva in cartaceo e che adesso è pubblicato solo in formato digitale (www.diocese.mc).
Un vasto programma di digitalizzazione della comunicazione della Chiesa è in corso.
Le parrocchie di Monaco
1) La cattedrale, a Monaco-Ville. Maestosa, segno identitario della Chiese e del popolo Monegasco.
2) Santa Devota; si trova in Piazza Santa Devota, in un vallone a ridosso del porto e la Condamine, dove si celebra ogni seconda domenica del mese la Messa in italiano, cosi come nelle grandi feste religiose. Nelle occasioni solenni in pompa magna si esibisce un tenore italiano.
3) San Carlo (Saint Charles) in avenue Saint Charles, nel quartiere dei Moulins, al confine con Beausoleil, in posizione elevata: è la parrocchia di Monte-Carlo.
4) Saint-Martin, al numero 20 di avenue Crovetto Fréres, nella zona conosciuta come la Colle alla Condamine.
5) Sacre Coeur Sacro, in rue de la Turbie è la chiesa dei Moneghetti. Di recente restaurata è un capolavoro architettonico nascosto.
6) Saint Nicolas è la parrocchia di Fontvieille in Place de Campanin.
7) Saint-Esprit è una parrocchia “fuori mura”, nel senso che comprende i comuni di Beausoleil, Cap d’Ail, la Turbie e Peille village.
In virtù di un accordo fra l’Arcivescovo di Monaco e il Vescovo di Nizza, stipulato nel Settembre 2001 queste località sono affidate alla pastorale di Monaco.
Negli ultimi anni la Chiesa e i fedeli sono stati impegnati nella ricerca di fondi e mezzi per la costruzione di una nuova casa diocesana (La Maison Diocésaine). L’obiettivo è stato raggiunto: è un luogo dove saranno concentrati tutti i servizi necessari di una diocesi piena di attività; vi sarà una cappella, uffici, ora sparsi un po’ ovunque, sale riunioni e conferenze, una mediateca, e tante altre cose. Ci sono voluti 15.000.000 di Euro.
Uno sguardo al passato, che merita di essere ricordato
Siamo nell’anno 1814, il Papa è prigioniero di Napoleone a Parigi.
Anche se il cattolicesimo era stato restaurato nell’Impero Francese, Napoleone vedeva in esso uno strumento per allargare il consenso dei popoli al nuovo regime. Il Papa aveva difeso con coraggio le sue ultime prerogative e non accettò mai che il concordato firmato nel 1801 fosse ulteriormente modificato a danno della Chiesa. Il conflitto rimase in atto, ma dopo la sconfitta di Lipsia (ottobre 1813) Napoleone lasciò libero il Papa di tornarsene a Roma.
Pio VII intraprese così un lungo viaggio di ritorno trionfale che fu un segno evidente di come dopo tanti anni di guerre e rivoluzioni l’attaccamento al cattolicesimo era rimasto intatto e generalizzato. Arrivò a Roma il 24 marzo 1814 acclamato e portato in trionfo in San Pietro.
Nel viaggio da Parigi a Roma era stata prevista una tappa a Savona. L’11 Febbraio 1814, era di passaggio a La Turbie, comune contiguo a Monaco. Le cronache riportano che tutto il popolo monegasco con i suoi preti si recò compatto sulla strada dove doveva passare il Papa. I fedeli entusiasti avevano fatto erigere, in questa occasione un arco di trionfo per potere ricevere la benedizione del Pontefice, acclamarlo e manifestare la Fede.
Il Papa non andò a Monaco, gli passò vicino, ma fu il popolo monegasco ad andare dal Papa.
Il Papa Pio VII era Barnabà Niccolò Maria Luigi Chiaramonti, vescovo di Imola, nato a Cesena il 14 agosto 1742, figlio del Conte Scipione e di Giovanna Ghini, entrambi discendenti da famiglie di antica nobiltà romagnola.
Era stato eletto Papa il 14 marzo 1800 nel corso di un lungo e controverso Conclave che si era tenuto a Venezia, non a Roma, per motivi di sicurezza. Vi erano state tante pressioni sia da parte dei Francesi che dagli Austriaci, in guerra fra di loro e tutti vogliosi di tirare il Papa dalla loro parte.
Erano tempi veramente difficili ed ingrati per il Papa e la Chiesa, ma Pio VII seppe, con dignità e coraggio, tenere botta ed alla fine dell’era napoleonica fece riacquistare alla Chiesa il prestigio, il ruolo e perfino i territori che erano stati messi in discussione nei decenni precedenti.
Cercò per quanto possibile di adattare il papato al mondo contemporaneo e quando morì il 20 luglio 1823, per complicazioni a seguito della rottura di un femore, lascio un vuoto che non sarebbe stato facilmente colmato.
Venendo a tempi più recenti, nel 1947 la cronache riportano che quando era nunzio a Parigi per una notte fu ospitato dal principe nel suo palazzo Angelo Giuseppe Roncalli: sarebbe divenuto Papa Giovanni XXIII.
(Dal libro ” Monaco, il Principato par la grâce de Dieu” di Mauro Marabini, Liamar Multimedia 2020).
Destinazione turistica eccezionale, non solo spiagge e sole, ma un paesaggio meraviglioso laddove la montagna si getta nel mare. Qui a Mentone si incrociano l’arte barocca e la Belle Epoque e tanta storia legata a quella del Principato di Monaco.Acquisita nel 1346 da Carlo Grimaldi rimase per cinque secoli sotto la signoria dei principi monegaschi, e ne condivise i destini.
Mentone e Monaco alla Battaglia di Lepanto
Quando Pio V fece il primo grande “fund raising” che un Pontefice abbia mai fatto, per raccogliere i fondi necessari alla costituzione della Lega cristiana, tutti i paesi interpellati risposero positivamente (ad eccezione della Francia). Fra questi Paesi c’era anche il Principato di Monaco, allora (nel 1571) molto più ampio territorialmente di oggi, perché conteneva anche Roccabruna e Mentone.
E così, dal Porto di Mentone partirono quattro galee monegasche, di cui due erano capitanate da mentonesi: Lorenzo Rossi su la Patrona, che sulle fiancate portava le insegne dei Grimaldi, e Jaumono Laurenti su la Capitana. Onorato Primo, signore di Monaco non partecipò alla battaglia, ma le quattro imbarcazioni si fecero onore. Purtroppo otto dei 14 mentonesi imbarcati in questa mitica battaglia persero la vita. Il loro sacrificio fu celebrato dal principe Alberto II che inaugurò una stele in loro memoria, che è visibile nella Piazzetta Fontana. Vi parteciparono il Sindaco, Vi sono riportati i nomi di questi eroi: Menone Imberto, Bertomairo Arguina, Agostino Bosan, Bedin Gazano, Francè Bisado, Gio. Antonio Pachiero, il figlio di Poca Barba, Antonio Plesso.
Diversi oggetti furono portati in città dalla Battaglia, fra i quali quattro stendardi, oggi custoditi nella Basilica di San Michele.
Tra coloro che ritornarono dalla Battaglia, citiamo Barthélémy Pretti, che portò in città diverse armi, strappate ai nemici ottomani. Possiamo vedere ancora oggi una lancia, esposta alla Basilica di San Michele: una sua donazione alla chiesa, attualmente utilizzata come supporto alla croce processionale della parrocchia.
Le cose cambiarono nel 1848. Il destino esitante della città, fra Monaco, Italia, Francia.
In quella data si proclamò “città libera”, con la vicina Roccabruna, ponendosi sotto la protezione del re di Sardegna/Piemonte. Allora Monaco era uno dei tanti stati italiani.
L’Italia era percorsa da fermenti rivoluzionari, era in corso il Risorgimento, I mentonesi pensavano e speravano di diventare italiani. La città aveva appartenuto quasi ininterrottamente, come abbiamo detto, al Principato di Monaco, con la sola eccezione del periodo della Rivoluzione francese, dove pure il principato era sparito dalla carta geografica cosicché si può dire che Mentone non ha mai fatto parte della Contea di Nizza.
Fu unita alla Francia durante la Rivoluzione francese ed il Primo Impero e fece parte del dipartimento delle Alpi Marittime, che includeva, oltre Monaco, Mentone e Sanremo.
Il principato di Monaco fu ricostituito nella sua integrità nel 1814, alla caduta di Napoleone, ma passò nel 1815 sotto il protettorato dei re di Sardegna. Nel 1817 i legami fra i due stati furono rafforzati col trattato di Stupinigi.
Nel 1848, che fu l’anno delle rivoluzioni in Europa, sia Mentone che Roccabruna fecero secessione dal Principato di Monaco e proclamarono la loro indipendenza come città libere.
Il mentonasco Carlo Trenca assunse la presidenza del governo provvisorio e secessionista.
La separazione aveva origine dal malessere che le due città, Mentone e Roccabruna, provavano sotto il regime dei Grimaldi, i quali imponevano una pesante tassazione alle già scarse attività economiche del principato.
La conseguenza fu che Mentone e Roccabruna si costituirono allora, per reazione, in Città libere, domandarono la protezione del Regno di Sardegna e furono amministrate di fatto da Casa Savoia.
A questi fatti si erano aggiunti i fermenti liberali del Risorgimento italiano, che imperversavano in Piemonte ed avevano contagiato i riluttanti sudditi del Principato.
La bandiera adottata, sul modello delle repubbliche rivoluzionarie italiane, fu un tricolore verde-bianco-rosso, con al centro un emblema costituito da due mani che si stringono, simbolo dell’unione tra le due città. Successivamente le due “Città libere” chiesero l’annessione al Regno di Sardegna, ma incontrarono difficoltà da parte del Parlamento subalpino, in particolare del Senato, che rinviò nel tempo la sua decisione, mentre la Camera diede il suo consenso.
Tuttavia, nel 1861, in seguito agli Accordi di Plombières e soprattutto all’alleanza sardo-francese del 1859, le due città libere di fatto incorporate nella contea di Nizza divennero francesi, un anno dopo l’unione della contea di Nizza alla Francia. Si tenne infatti un plebiscito nell’anno 1860, con cui Mentone si pronunciò massicciamente in favore dell’unione alla Francia, plebiscito che venne pilotato sia dai francesi, che dai Savoia; esso segnò così la cessione definitiva, come dal precedente accordo fra l’imperatore Napoleone III e re Vittorio Emanuele I, delle due città alla Francia. L’imperatore francese versò inoltre la somma di quattro milioni di franchi in oro al principe Carlo III di Monaco come indennizzo per il pregiudizio territoriale causato al Principato dalla perdita delle due città rivierasche.
Così cambiò il destino di Mentone
Dal 1861 fino al 1914, il piccolo centro al confine con l’Italia, conosciuto per i suoi limoni, si trasformò in una grande destinazione turistica residenziale.
Il luogo dove gran parte dell’aristocrazie e della borghesia europea trascorreva l’inverno, lontano dai freddi del nord.
Al centro medievale, poi barocco, si aggiunse la nuova città moderna, con nuovi maestosi edifici ispirati allo stile della Belle Epoque. Questi edifici erano alberghi lussuosi che costellano le colline e i giardini . A cavallo del secolo il turismo divenne anche estivo; Mentone rivaleggiava come “glamour” con Monte-Carlo, Nizza, Cannes, San Remo.
Tutto fini all’inizio della prima guerra mondiale, il flusso turistico di alta gamma si esaurì e i lussuosi alberghi furono trasformati in ospedali di guerra per fare spazio alle cure e al ricovero di feriti che provenivano numerosi dal fronte.
Alla fine della guerra, le cose non tornarono come prima. Gli alberghi devastati non ritornarono ad essere alberghi, ma furono trasformati in condominii e lo sono tuttora.
Tra i pochi ritornati ad essere alberghi ci fu il Grand Hotel des Ambassadeurs. Parleremo di questa struttura più avanti.
Il turismo riprese ma non fu quello di prima. Da elitario divenne popolare.
La seconda guerra mondiale
Durante la seconda guerra mondiale la città venne occupata militarmente dall’Italia, dal 1940 al 1943, anni in cui ebbe luogo un tentativo di italianizzazione forzata (toponomastica italiana, scuole in italiano ecc.), alla quale parte dei mentonesi oppose resistenza, mandando i bambini nelle vicine scuole di Roccabruna e Monaco. Molti lasciarono la città.
Infatti In seguito all’armistizio del 24 giugno 1940, i due terzi del territorio del comune furono occupati ed annessi all’Italia dall’estate del 1940 fino all’8 settembre 1943, data dell’armistizio di Cassibile, quando la città fu allora occupata dai tedeschi i quali costruirono da Cerbère a Mentone il vallo Mediterraneo, una linea difensiva nazista costruita a difesa della costa francese durante la seconda guerra mondiale. L’occupazione finì con la liberazione l’8 settembre 1944, da parte degli eserciti alleati.
Approfondimento: cosa successe nella vicina Monaco
Da il libro di chi scrive “Monaco, un principato par la grâce de dieu”, Liamar Multimedia editore, 2020
La pubblicazione del volume “Monaco sous l’occupation” di Pierre Abramovici, Nouveau Monde Editions, apparso in librerie nel corso del 2015 e successivamente ristampato, consente di dare uno sguardo nuovo sulla storia del principato. Di questo libro si continua tuttora a parlare a Monaco; viene ripreso in servizi televisivi ed é oggetto di incontri e dibattiti.
Riteniamo tuttavia che alcuni aspetti emersi in quella pubblicazione meritano di essere approfonditi, soprattutto da parte nostra, in quanto ci interessiamo agli italiani di Monaco. La storiografia italiana ha la tendenza di ignorare Monaco e soprattutto di sorvolare su un lato un non certo gratificante della nostra storia: la guerra fascista alla Francia sconfitta.
Riepiloghiamo i fatti
IL 10 giugno 1940 quando la Germania ha già sconfitto la Francia, l’Italia dichiara la guerra alla Francia.
L’Italia fascista si era dichiarata « non belligerante », ma Mussolini, nella sua follia, vuole partecipare alla guerra quando sembra che stia per finire e che la vinca Hitler. Vuole partecipare al banchetto, e precipita così il suo paese nella vergogna e nel disonore. Questo fatto viene ricordato dagli storici come una pugnalata alla schiena alla Francia.
La guerra sarà breve ed un armistizio sarà siglato il 24 giugno. L’esercito italiano ha occupato Mentone e qualche territorio sulle Alpi a prezzo di tante perdite.
Mentone viene annessa e diventa parte dell’Italia. Sarà ribattezzata Mentone d’Italia.
Il 28 giugno vi é l’armistizio fra Germania e Francia.
Nasce il nuovo stato, L’ Etat Français, la capitale é a Vichy, ne é presidente il Maresciallo Petain. Dieci luglio 194O
Il nuovo stato non é un nemico dell’Asse, con esso bisogna collaborare. L’ Etat Français e la Germania bloccano le mire di Mussolini, che avrebbe voluto annettersi Nizza ed altro. Deve accontentarsi di Mentone.
L’Etat français collabora con i nazisti nella persecuzione degli ebrei. Gli Italiani non condividono e per quanto possibile li proteggono. Anche questo risulta dalla storiografia in lingua francese. La guerra entra nel suo pieno svolgimento e le cose cominciano a non andare così bene per la Germania e i suoi alleati. Le truppe alleate, 8 novembre 1942, sbarcano in Nord Africa. Le truppe di occupazione tedesche e italiane per contromisura estendono l’area sotto il loro controllo diretto in Francia, in teoria per prevenire eventuali sbarchi nel continente europeo. Le truppe italiane sono autorizzate ad occupare Nizza e le Alpi Marittime. Gli italiani si mettono in marcia da « Mentone d’Italia » e passano per Monaco, per raggiungere Nizza. Passano, sfilano per tre giorni e un reparto resta e segue pure l’OVRA,(Organizzazione di vigilanza e repressione dell’antifascismo) la polizia segreta fascista.
Alcuni fascisti si danno ad intemperanze nei confronti dell’autorità del Principe e il Principe protesta energicamente. Il popolo monegasco esprime pubblicamente il proprio sostegno al Sovrano e in massa, 2000 persone, partecipano ad una manifestazione di solidarietà. Ci sono comunque, come abbiamo notato, molti fascisti che esultano e manifestano a favore dell’Italia. Il Principato viene ufficialmente occupato con tanto di notifica ufficiale all’ambasciata francese ed altre autorità diplomatiche.
Tuttavia l’occupazione non ebbe alcun carattere oppressivo e testimoni ricordano come il comportamento dei “bersaglieri” fosse bonario. Addirittura nel passaggio dell’anno 1942-1943 vi fu un vero boom turistico. Il casinò era rimasto aperto, unico in tutta la riviera e il periodo delle feste un vero trionfo di ostentazione di lusso e di comportamenti scandalosi. Il popolo era soggetto a severe limitazioni e a penuria alimentare ma col mercato nero si ovviava a qualunque problema: non c’erano problemi per chi poteva pagare. In quel periodo ci fu un afflusso massiccio di loschi personaggi, affaristi vari che cercavano di occultare, in banche del principato, profitti di origine misteriosa.
Tali personaggi erano legati alla diplomazia segreta tedesca, che, malgrado la presenza italiana, si impadronivano dell’economia del principato, in vista di futuri sviluppi anche per dopo la fine della guerra.
L’occupazione italiana durerà fino al 9 settembre 1943, in coincidenza con l’armistizio sottoscritto dall’Italia con gli alleati.
L’esercito italiano senza guida e senza ordini sbanda e le truppe stanziate nelle Alpi marittime e a Monaco si ritirano disordinatamente in Italia. I tedeschi li rimpiazzano ovunque anche a Monaco dove arrivano con truppe blindate li 9 settembre. Hanno l’appoggio del capo del governo monegasco, Emile Roblot che andava sottoscrivendo accordi segreti con i tedeschi.
Questi si presentarono come liberatori da quei “casinisti” di italiani che avevano imperversato per quasi un anno. Il popolo monegasco manifesta la sua gioia dandosi alla distruzione dei negozi italiani di proprietà di fascisti veri o presunti.
La polizia monegasca controllava le distruzioni dei negozi, ma non tollerò saccheggi e furti, né violenze agli italiani.
Mentone contemporanea
Fino al 2019, fino a quando non era arrivato il Covid, Mentone a febbraio festeggiava i suoi limoni, atto doveroso della città a quei frutti che ne hanno segnato la gloria e la storia, sia come rito quasi pagano per anticipare la primavera che, comunque, da queste parti, è sempre un po’ precoce, sia come richiamo turistico .
La Fête du Citron (Festa dei Limoni), che si svolgeva dal 1934, era un avvenimento unico al mondo: le strutture fisse e quelle che sfilano sono fatte con agrumi. Tanto pubblico si affollava festoso dai paesi vicini in tale occasione con bambini ed adolescenti .
Mentone tuttavia non aveva solo la Festa dei Limoni, che durava pochi giorni; la città è vivibile sempre, per undici mesi c’è sole (316 giorni in un anno) e mare, con le spiagge, libere o attrezzate dove si possono fare bagni sette mesi all’anno.
Ci sono tanti appuntamenti culturali: il Festival de la Musique, luglio e agosto, la Biennale di arte contemporanea sacra in ottobre, e tanti altri.
C’è perfino un Casinò, Casino Barrière, che si autodefinisce “un complexe de loisirs au coeur de la Perle de France”.
Vi sono tutti i giochi d’azzardo, ma la concorrenza con Sanremo e Monte-Carlo è dura; quindi questo casinò si è trasformato anche in un luogo conviviale con spettacoli, animazioni, pranzi, cene, feste e mare. Di fronte al casinò c’è infatti una grande spiaggia che è libera, ma attrezzata come se fosse un bagno privato.
Un’altra grande spiaggia si trova a Garavan, nel quartiere ad est, sulla strada verso l’Italia. Il nuovo suggestivo litorale, l’esplanade des Sablettes è stato inaugurato nel 2018. La spiaggia attigua è bellissima, libera, meravigliosamente attrezzata, collegata al centro storico e alla basilica. Particolare importante: il parcheggio è facile da queste parti.
Tornando ai nostri limoni, diciamo qualcosa di più
Storicamente si ha notizia della cultura degli agrumi a Mentone solo verso la fine del Quattrocento, anche se in riscontri ufficiali vengono per la prima volta citati nel 1341.
Precedentemente l’attività prevalente in questi luoghi era l’allevamento delle pecore e neppure la pesca era importante. Vi sono altri documenti del 1495 e in seguito si hanno sempre maggiori notizie.
Mentone faceva parte del Principato di Monaco (dal 1346 fino al 1861) e i sovrani erano ben consapevoli dell’importanza di questa attività che diventava la risorsa principale dello Stato.
Nel 1671 il principe Luigi Primo istituisce un consiglio speciale di 18 persone: i “Magistrats des Citrons.” Questi signori avevano il compito di sovrintendere a tutta l’attività connessa alla produzione e al commercio degli agrumi, al sostegno dei prezzi in periodi di crisi e alla stima dei danni in caso di gelate o tempeste.
Più tardi, nel 1701, la competenza dei magistrati arriva fino al controllo della salute delle piante che si estrinsecava nel rilascio di una speciale “bolletta” da parte di ufficiali sanitari.
A quei tempi l’agricoltura era protetta essendo la risorsa principale dello Stato e sulle culture degli agrumi venivano calcolate le imposte che erano considerate onerose. Già perché, questa è forse una cosa che pochi sanno, nel principato di Monaco, fino al 1866 le imposte si pagavano ed erano esose. Poi le cose cambiarono, ma questa è un’altra storia.
Tornando ancora ai nostri limoni ricordiamo che la prosperità basata su di essi declinò dopo la prima metà dell’Ottocento. Negli anni Quaranta di quel secolo si era raggiunta tuttavia la massima espansione produttiva; ben 35 milioni di frutti per anno.
Il declino dell’economia basata sugli agrumi fu dovuta a diversi fattori: vi furono alcuni anni di clima avverso, lo spezzettamento delle proprietà, errori di irrigazione, problemi di reperimento della mano d’opera, ma soprattutto il cambio strutturale di destinazione della città diventata dal 1861, data di annessione alla Francia, una grande méta turistica e di soggiorno che rivaleggiava, nei suoi fasti con Nizza, Monte-Carlo, Cannes e San Remo.
Alle piantagioni venne tolto lo spazio e cominciò a mancare il personale. Tuttavia rimase attiva una limitata produzione qualificata e di nicchia che consente di mantenere la gloriosa tradizione. Infatti i limoni decorano sempre la città, dove non sono raccolti, ma lasciati sugli alberi per la gioia degli occhi di chi passa.
Infatti un piccolo gruppo di coltivatori ha continuato a produrre questi limoni che col tempo sono divenuti scarsi e costosi, ma ricercati per usi speciali. Marmellate, oli speciali, bevande, fra cui un limoncello qui chiamato Mentonello, oppure ingredienti in varie elaborazioni gastronomiche. Esistono perfino i ravioli “au citron de Menton”. Molti cuochi importanti e stellati, soprattutto a Monaco e dintorni propongono tante ricette basate sul “Citron de Menton”.
Infine, nell’ottobre 2015, l’opera di appassionati e la spinta delle autorità municipali hanno portato al riconoscimento del “Citron de Menton” come Indicazione Geografica Protetta (IGP) da parte della Commissione Europea.
Ora si prevede che la produzione aumenterà: quella attuale è di circa 100 tonnellate per anno. Nel 2000 si era ridotta a 50 tonnellate.
Da allora, con vari sforzi congiunti dei Mentonesi, che vedono nel loro limone un segno di identità, è pure cresciuto il numero delle piante. Ne esistono ora circa 3.000, ma aumenteranno grazie alla IGP, che consente di ottenere buoni prezzi di vendita.
Mentone è diventata nel tempo una destinazione turistica sempre più popolare, con tanti piccoli alberghi, che noi italiani chiameremmo pensioni, costruiti lungo il mare nel secondo dopoguerra. Gli antichi Palaces della Belle Epoque, che erano grandi alberghi, nel tempo si sono trasformati, per la maggior parte in condomini eleganti che come una corona si innalzano sulle colline circostanti. Alla fine dell’Ottocento erano ben 33 i grandi alberghi o Palaces: un numero notevole per una piccola città che allora aveva appena poco più di 9.000 abitanti.
Nelle zone centrali della Mentone moderna, all’incrocio fra Rue Partouneaux e l’avenue Boyer, contigue ai Giardini Biovès, dove si svolgevano le sfilate dei carri durante la “Fête du Citron” si trovano il Grand Hotel des Ambassadeurs. L’albergo costruito negli anni ’60 dell’Ottocento, è l’unico rimasto tale fin da allora e recentemente riaperto al pubblico (Pasqua 2017) nello stile e splendore originario della Belle Epoque.
Le parti metalliche sono opera di chi poi progetterà la famosa “tour” di Parigi: Gustave Eiffel.
Nel 2019 si è svolta la prima Biennale di arte contemporanea sacra (BACS, Biennale d’art contemporain sacré).
La manifestazione ha avuto un grande successo di critica e di pubblico, sono state presentate opere di circa duecento artisti, pittori, scultori, fotografi, alcuni famosi, altri esordienti, tutti di valore e portatori di messaggi di alto livello spirituale.
La seconda edizione, prevista dal 1° al 31 ottobre 2021 si annuncia di portata ancora maggiore, Covid permettendo.
Mentone, la città giardino, la Ville Fleurie ( www.menton.fr)
Elenchiamo ora quelli che sono i luoghi incantevoli da vedere: la bellezza dei giardini, il suo grande numero, la loro estensione, sono il frutto di una scelta politica lungimirante che viene da lontano e che è sempre stata rispettata.
Leggiamo che cosa ne ha detto il sindaco: (da la Histoire de Menton, Éditions Privat 2010, pg185)
Jean-Claude Guibal reformule quant à lui cette caractéristique, et illustre en cela la permanence de l’action politique évoquée plus haut: “A la fin du XIXe siècle et au début du siècle suivant, Menton a constitué un terrain de prédilection pour les paysagistes de genie. Ils ont créé là de rares harmonies végétales. Le relatif isolement géographique de la ville a permis que ces jardins soient préservés quand le reste de la Cote d’Azur connaissait un important développement immobilier.
Aujourd’hui, Menton dispose d’un patrimoine jardin unique en France, et elle est bien décidée à tout mettre en oeuvre pour le restaurer et l’ouvrir au public. La luxuriance de la végétation, les couleurs des céramiques, l’originalité des perspectives sont autant de splendeurs qui contribuent à donner à Menton une certaine idée de l’Eden”. (Traduzione: “Alla fine del secolo XIX e all’inizio di quello successivo, Mentone ha costituito un terreno prediletto per i paesaggisti di genio. Hanno creato qui a Mentone rare armonie vegetali.
Il relativo isolamento della città ha permesso che questi giardini siano stati preservati quando in altri parti della Costa Azzurra vi è stato un grande sviluppo immobiliare. Oggi Mentone dispone di un patrimonio unico in Francia ed è ben decisa a valorizzarlo ed aprirlo al pubblico. La vegetazione lussureggiante, i colori delle ceramiche, l’originalità delle prospettive, sono tanti splendori che contribuiscono a dare a Mentone una certa idea dell’Eden”).
Le Jardin Fontana Rosa, creato negli anni Venti su ispirazione del grande scrittore Blasco Ibanez: fiori e piante, ma anche tante opere in ceramica. (Avenue Basco Ibanez).
Jardin Maria Serena, giardino di un ettaro e mezzo, con tante piante esotiche, ritenuto il luogo con la temperatura più mite di Francia – Promenade Reine Astrid (Garavan).
Le Jardin Botanique du Val Rameh, ovvero i tropici a Mentone. Creato nel 19O5, accoglie tante varietà di piante tropicali e subtropicali. (Avenue St. Jaques).
Le jardin d’Agrumes du Palais de Carnolès, dove si trova la più importante collezione di piante di agrumi d’Europa. Vi sono pure sculture contemporanee (3, avenue de la Madone).
Serre de la Madone: è un luogo fascinoso, appartato, 6 ettari di natura e naturalmente tanti alberi e piante che danno origine a profumi esotici. (74 rue Gorbio).
Villa des Colombières è una messa in scena grandiosa della natura, con piante solo mediterranee e riferimenti alla Grecia classica. Progettata da un artista geniale e multiforme – Ferdinand Bach, (1859-1952) – personaggio complesso che ai suoi tempi diede un grande impulso alla cultura paesaggistica, la villa fu inaugurata nel 1924. Si trova sulla Route de Super Garavan, al n. 312.
Non solo giardini, ma anche musei
Musée de préhistoire régional: un milione di anni di preistoria nella regione
Salle des mariages, presso il Municipio (Place Ardoino), per sposarsi in un posto speciale, decorato interamente da Jean Cocteau (1889-1963).
Museo delle Belle Arti ( Musée des Beaux Arts): nello storico Palais de Carnolès, antica residenza dei Principi di Monaco, adattato a museo nel corso del 1800. (3 avenue de la Madone).
Musée Jean Cocteau, collection Séverin Wunderman. L’edificio è una costruzione contemporanea di grande spessore, ai piedi della città vecchia e ai bordi del mare. (2, quai de Monléon).
Le Cimetière du Vieux Château: molto interessante, ritenuto uno dei più belli di Francia. Adattato in epoca Napoleonica sulle rovine del vecchio castello che un tempo sovrastava la città.
Non solo mare, ma anche collina
Ci sono pure due incantevoli località nelle alture vicine: Gorbio e St. Agnès. Borghi antichi e suggestivi che racchiudono tante memorie storiche, trattorie con cucina di montagna.
Un po’ più lontano, a circa un’ora di auto si può visitare e scoprire la Valleé de la Roja. Vi è una antica strada che da Mentone si collega a quella che da Nizza porta a Torino. Era l’antica Via del sale. Il percorso sfiora alcuni villaggi che grazie alle gabelle ed alle attività legate al traffico di allora(1600/1700) hanno cumulato ricchezze che ha permesso ai devoti abitanti di questi luoghi la costruzione di imponenti edifici religiosi che sono oggi esempi meravigliosi di arte barocca.
I luoghi sono: Sospel, Breil-sur-Roja, Saorge, La Brigue, Tenda.
L’ufficio del turismo (Office de Tourisme)
8, avenue Boyer, tel. 04 83937020)
Organizza gite guidate, nei luoghi sopra citati e nei dintorni di Mentone. Ecco l’elenco
Sospel : Nature & couleurs du Baroque –
Sospel : De la route du sel à la route royale
Sospel : Ombre & lumières baroques
Breil-sur-Roya : À la recherche de l’or vert
Breil-sur-Roya : Clair-Obscur in Albis
Saorge : Magnificat
La Brigue : Couleurs baroques
La Brigue : Clair-obscur à la nuit tombée
Tende : Confidences baroques
Nell’ottobre 2020 qui, nella Valle della Roja e nei dintorni si scatenò l’uragano ALEX, che causò tanti danni e molte vittime. La ricostruzione è in corso e i turisti possono essere accolti.
Gita a Mentone
Consigliamo di partire dal numero 8 di Av. Boyer, Palais d’Europe, sede dell’Ufficio del Turismo. In un vasto locale incontrate personale poliglotta e gentile che vi copre di opuscoli e di informazioni su tutto quello che succede a Mentone. Approfittatene: www.tourisme-menton.fr
Da li a piedi percorrendo rue Partouneaux si arriva in pochi minuti nella zona pedonale, ma prima, al numero 3, soffermativi davanti al Palais des Ambassadeurs, del quale abbiamo già parlato ed ammirate la imponente scultura di Dafne Dubarry, la Madonna degli innocenti. Merita la sosta ed un minuto di raccoglimento.
La zona pedonale è pittoresca ed animata : negozi tipici, molto “charme, un mercato monumentale, il più bello della regione, ( Provence, Alpes Maritimes, côte d’Azur) tanti ristoranti, bistrot e pizzerie.
Le pizzerie sono tante; a Mentone le pizze sono buone come a Napoli. I pizzaioli mentonesi ottengono riconoscimenti a livello internazionale e sono stati pure premiati in Italia.
Fra le tante pizze cercate tuttavia le specialità locali, che sono: fougasse, pissaladière, barbajuan, beignets de fleurs de courgettes, petits farcis, gnocchi, aïoli e la pichade che forse non tutti conoscono. Si tratta di una focaccia tipo pizza ricoperta di pomodoro e cipolla. Tanto street food di buona qualità in ambiente festoso.
Non solo street food, ma anche ristoranti di prestigio
Mentone è diventata una destinazione gastronomica e il ristorante stellato Mirazur di Mauro Colagreco, cuoco italo-argentino, con tre stelle Michelin è ritenuto uno dei migliori di Francia, addirittura il migliore del mondo: nel 2019 in base alla classifica “World’s 50 best Restaurants” risulta il primo.
Colagreco ha pure aperto una pizzeria: Pecora Negra, quai Gordon Bennet.
Nell’anno precedente il migliore ristorante era stato proclamato l’Osteria Francescana di Massimo Bottura, a Modena.
Al confine vi è un altro grande ristorante italiano di fama: I Balzi Rossi, a Ventimiglia.
Vi segnaliamo, nei dintorni dei giardini Biovès anche La Trattoria, ristorante/pizzeria siciliana e Le bistrot dues jardins per chi vuole gustare la cucina franco provenzale.
Qui si trova pure una nuova pizzerie, aperta da quel pizzaiolo che ha vinto tanti premi in Italia: Chef Ziolo, pizza by Raimondo.
Le strade del vino
Se amate il turismo enologico, nel contiguo comune di Ventimiglia e luoghi vicini si estende una vasta zona di vigneti: ci sono i vini della D.O.C. ponente ligure con Vermentino, Pigato e e Rossese. Tante cantine da visitare, ed una località interessante con un antico ponte dipinto ed immortalato da Monet, Dolceacqua.
In questo stesso blog trovate un ampio articolo sui vini del Ponente ligure. (Vedere nel blog la sezione “La passione del vino” – cliccare “I vini del Ponente ligure”).
Sulle spiagge e attorno al porto vi sono locali specializzati in pesce, sempre fresco sempre buono: sono da scoprire. Segnaliamo le Festival Plage.
Spiagge, mare, cucina locale ed internazionale; ma anche turismo d’arte e di storia.
Nella zona pedonale, in Rue Saint Michel si è nel centro della città antica; seguendo le indicazioni si arriva alla monumentale basilica di St-Michel, nel cui sagrato (parvis) si svolgono i concerti del Festival della musica.
La chiesa, basilica dedicata all’Arcangelo San Michele, è un capolavoro d’arte barocca. Dal sagrato si ammira un panorama meraviglioso.
Voluta dal Principe Onorato II è stata aperta al culto nel 1653: è inserita nel grande itinerario, La route du Baroque Nisso-ligure; ottanta monumenti fra chiese, cappelle, fortezze.
Nella Basilica si trovano cimeli storici di grande valore simbolico ed identitario, fra i quali i 4 stendardi e un’alabarda (trasformata in croce processionale) della Battaglia di Lepanto.
A Mentone c’è inoltre un altro luogo di culto importante, più comodo da raggiungere rispetto a quelle situate nella parte antica della città.
Agli inizi del Novecento si rese indispensabile la costruzione di una nuova chiesa, nella parrocchia che viene denominata “Notre dame des Rencontres”, nella parte moderna vicino ai giardini Biovès. I lavori durarono a lungo, ma fu finita e consacrata negli anni Trenta. È in stile neo-romanico, con un impianto classico. Eglise du Sacré Coeur (Chiesa del Sacro cuore), Rue Eduard VII. Ogni domenica, in estate alle 19,30 c’è la Messa in italiano.
Vi sono pure una chiesa anglicana ed una biblioteca britannica
Informazioni generali
La città conta circa 30.000 abitanti, inoltre è il centro di una vasta area che include circa 75.000 residenti. (Tuttavia quasi 5.000 persone tutti i giorni vanno a lavorare a Monaco)
È capoluogo della CARF, Communauté d’Agglomération de la Riviera Française, che comprende in tutto 15 comuni.
Il sindaco, si chiama Jean-Claude Guibal, è in carica dal 1989, in quanto è sempre stato eletto e rieletto con larghissima maggioranza. Fino a giugno 2017 era anche deputato LR, all’Assemblea nazionale. In virtù di una nuova legge, non sono più cumulabili l’incarico di sindaco e di deputato. Jean-Claude Guibal ha scelto Mentone.
Mentone è una città tranquilla, quasi come Monaco: la polizia è presente, non fanno passare i migranti da Ventimiglia. Se qualcuno passa viene mandato indietro o dirottato altrove.
Ci sono tanti italiani, sia come residenti secondari che come turisti. Anche molti inglesi che hanno lasciato una certa impronta. Ai tempi della Belle Epoque era la méta preferita dell’aristocrazia russa.
Come abbiamo già raccontato durante la Seconda guerra mondiale Mentone fu occupata dalle truppe italiane e in seguito annessa (giugno 1940 – settembre 1943). Molti Mentonesi furono deportati e la città subì un pesante processo di italianizzazione forzata.
Oggi è tutto dimenticato da tempo; i Mentonesi sono amici dell’Italia e degli italiani. I rapporti con la vicina Ventimiglia sono più che buoni. “A Menton, difficile d’oublier qu’on flirte avec l’Italie” (Monaco Matin, 12 luglio 2017).
Si insegna l’italiano a scuola ecco dove: Collège André Maurois : 242 alunni; Collège Guillaume Vento: 369 alunni; Collège de la Villa Blanche : 135 alunni; Lycée Pierre et Marie Curie : 503 alunni di cui 70 presentano l’Esabac (bac franco-italien); Lycée professionnel Paul Valery : 148 alunni. (Dati riferiti all’anno scolastico 2020/2021, comunicati dalla Marie de Menton).
Anticamente a Mentone e a Ventimiglia si parlava”quasi” lo stesso dialetto, chiamato, da questa parte della frontiera Mentounasc. La lingua locale ha qualche indicazione stradale, si può studiare a scuola a Mentone e a Roccabruna. Vi è pure una pubblicazione: “Ou Païs Mentounasc”.
Esiste anche una importantissima istituzione culturale: la facoltà di Scienze Politiche, filiale della rinomata Sciences Po di Parigi: fondata nel 2005, è considerato il Campus mediterraneo della facoltà stessa. Ospita circa 300 studenti, la maggioranza non francesi. Gli stranieri sono infatti il 70% (vi sono anche italiani). L’italiano è una delle lingue insegnate, accanto al turco, l’arabo, l’ebraico moderno, e il persiano. I corsi sono in francese ed inglese. L’indirizzo di studi, che comporta una formazione multidisciplinare, è rivolto alle regioni del Mediterraneo. La sede si trova nel centro storico, in un palazzo monumentale di ispirazione italiana. (Sciences Po, campus de Menton, 11 place St Julien, 06500 Menton).