Per decenni nelle case degli italiani arrivava Postal Market (diventato più tardi Postalmarket, scritto tutto attaccato), catalogo di vendita per corrispondenza che aveva conquistato le famiglie.
“Con Postalmarket sai, uso la testa. E ogni pacco che mi arriva è una festa”. Recitava così lo slogan di Postalmarket, il modello di business statunitense della vendita tramite catalogo importato in Italia nel 1959 su un’idea dell’imprenditrice milanese Anna Bonomi Bolchini. Ebbene, che le amanti dello shopping smart e ragionato si preparino ad usarla di nuovo, la testa: Postalmarket è riapparsa in 18.000 edicole italiane il 23 ottobre 2021 (dopo aver dichiarato fallimento nel 2015), sfruttando non solo il potere delle nuove piattaforme e-commerce digitali, ma regalandoci anche un’esperienza shopping amarcord che farà della leggendaria rivista il suo cuore pulsante.
Può sembrare azzardato riproporre in un’epoca di e-commerce un catalogo di vendita per corrispondenza, ma cosi non è.
Dopo Anna Bonomi Bolchini, il pilota è Stefano Bortolussi, ovviamente lui pure cresciuto in compagnia di Postalmarket e che non considera Bezos un avversario, ma un modello. Se la fortuna di Amazon si è basata sulla capacità di soddisfare ogni cliente col singolo prodotto che cercava, Bortolussi ha in mente un ”magazzino” all’italiana, una via tricolore all’e-commerce che magari è pure benedetta dalla crisi di disponibilità di certi prodotti: “Venderemo solo prodotti italiani”, è la promessa, lasciando intendere che la sfida è quella di fare crescere il mercato e i consumatori di casa nostra, farli abituare a un nuovo modo di vendere e comprare, segnatamente a un nuovo rapporto tra aziende e consumatori.
Bortolussi nemmeno nasconde che persino il coronavirus è stato un’opportunità, facendo diventare esperte di Web generazioni che prima lo frequentavano poco e male, per non dire che erano platealmente ostili; pure la fase preparatoria dello sbarco sul mercato è stata più facile, paradossalmente, durante il primo lockdown, perché ha permesso di riunire in digitale le tante anime diverse dell’azienda, tra Friuli Venezia Giulia, Veneto e Piemonte. Ovvio che poi si punterà all’unificazione, intanto Postalmarket ha casa anche a Treviso, nella H Farm di Donadon, e tra le firme tecnologiche della squadra c’è anche la Storeden di Francesco D’Avella. In campo, un mini esercito di centinaia di persone.
La partenza, come si diceva, ha qualcosa di romantico: in 20.000 hanno prenotato la prima copia del magazine, sui social la tribù conta già 50.000 follower e la road map prevede che la crescita prosegua sia online sia offline, con una offerta più che olimpica: “Partiamo con 6 aree, non ci bastavano 5 cerchi. Ci sono l’intimo, l’abbigliamento classico, i prodotti di bellezza e quelli per la casa. Il tempo libero allargato a tutti i nuovi consumi dello sport e poi cibo e bevande, il più made in Italy di tutti i settori”.
Il sito di Postalmarket è già attivo (www.postalmarket.it), mentre il catalogo cartaceo in edicola ha come volto di copertina quello della conduttrice televisiva italiana Diletta Leotta. “È per me un onore essere stata scelta per la copertina del primo numero del nuovo Postalmarket che nel passato ha ospitato grandi icone di bellezza, da Cindy Crawford a Claudia Schiffer, da Carla Bruni a Monica Bellucci – ha dichiarato Diletta – È quindi un grande privilegio comparire sul mitico catalogo che ha fatto scoprire agli italiani la vendita per corrispondenza, anticipando di alcuni decenni il successo della vendita online”.
La strategia è quella di lavorare molto sul calendario, presentare sul magazine le novità e poi renderle disponibile online, pian piano coinvolgendo anche quanti, all’estero, subiscono il fascino dell’Italia e possono arrivare a scoprirne i prodotti meno noti. Postalmarket vorrebbe insomma essere un gruppo allargato, all’insegna della qualità: non solo grandi aziende, ma anche artigiani che puntano a crescere e finalmente possono farlo avendo una platea più ampia. Postalmarket vuole dimostrare quanto spazio c’è in Italia per l’e-commerce: salutiamo l’iniziativa e la faremo conoscere.
Vero. Bonomi deve essersi tardivamente pentito . É la riprova che in Italia gli imprendigori non esistono. Esiste l’imitatore tardivo