- ) ….ma l’identità italiana esiste o preesiste?
- ) La lingua degli angeli
…Ma l’identità italiana esiste o preesiste?
Dopo qualche tempo dall’invito iniziale ricorrente di alcuni amici interessati alla problematica, intervengo, con questa breve nota, sulla dibattuto questione della identità italiana.
Mi ha spinto ad intervenire la lettura di un libro che, come tanti altri, ha seminato un ragionevole dubbio su quella che é la vulgata ufficiale su come ci sia arrivati alla unificazione italiana.
Qual’ é la versione ufficiale , ufficiosa e politicamente corretta di questo processo ? Riassumendo, un po’ semplicisticamente, tale versione, riesumata a suo tempo in occasione delle rievocazioni e della retorica del 150° anniversario, é che l’unificazione sia stata l’epilogo di una lunga marcia ineluttabile scritta nei destini della storia.
Poiché é risaputo e purtroppo tante volte confermato che la storia viene scritta dai vincitori, cosi’ i vincitori- l’oligarchia liberale sabauda ed altri ad essa assimilabili- hanno scritto questa storia . Fu vera gloria? Fu una bella storia?
Non fu cosi. L’ unificazione fu una tragedia per i popoli italiani ed un inganno (ricordate Il Gattopardo?).
Gli italiani non volevano essere unificati, di certo non in quella maniera.
La maggior parte di essi vivevano, sia pure modestamente, serenamente in pace, nei vecchi stati preunitari che non erano affatto quei mostruosi regimi bieco-reazionari descritti da tanti storici.
Si pagavano poche tasse e non c’era la leva obbligatoria; alcuni di essi erano moderatamente progrediti e di certo meglio organizzati del Regno di Piemonte- Sardegna.
Comunque la scrittura della storia non é sempre imparziale e contro testi, diciamo cosi’ «revisionistici» vedi ad esempio «L’altro Risorgimento» di Angela Pellicciari, ce ne sono tanti che documentano che comunque l’unita’ italiana fu buona cosa.
Fu davvero buona cosa ?
Sottoponiamo ai lettori due fatti incontrovertibili :
Primo, l’Italia non é ancora unificata, il Sud soffre tuttora del trauma della brutale annessione del 1860.
Secondo : l’unificazione fu una vera tragedia e provoco’ il dramma della emigrazione massiccia di milioni di italiani, che senz’altro non erano molto contenti di come si viveva nel neo proclamato Regno d’Italia.
Dal “Rapporto Italiani nel mondo” pubblicato ogni anno dalla Fondazione Migrantes apprendiamo che nel 1861, prima dell’unificazione ad opera della monarchia sabauda, l’Italia, nell’insieme dei vari stati, aveva 22milioni di abitanti e all’estero risiedevano solo 180.000 italiani.
Nei 150 anni e più trascorsi da allora ad oggi ben 30 milioni di abitanti della penisola italiana hanno lasciato il loro paese.
I cittadini di origine italiana residenti nei vari Stati, anche se non esistono dati certi, sono stimati in circa 200 milioni. (Piero Bassetti: Svegliamoci Italici, Marsilio editore, Venezia 2015)
Oggi gli italiani all’estero , con passaporto italiano e regolarmente iscritti all’AIRE, sono più di 5 milioni e continuano ad aumentare.
Lo stato italiano, nel corso della sua ancora breve storia, sia esso monarchico fascista o repubblicano, non ha dato prove edificanti: emigrazione massiccia spesso indotta, miseria dilagante, spedizioni coloniali improvvide ed infine due guerre mondiali in cui i popoli d’Italia sono stati trascinati senza motivo e che potevano facilmente essere evitate.
Malgrado tutto questo esiste un forte sentimento identitario fra gli italiani e questo é fortemente percettibile fuori d’Italia. In tante parti del mondo l’Italia e gli italiani sono ben presenti; potremmo dire che esiste una grande Italia fuori d’Italia.
L’Italia percepita non è la repubblica,uscita dalla resistenza, che si é data una costituzione, che non suscita interesse, ma l’Italia millenaria che esiste dai tempi di Roma, che é stata scelta come sede alla Chiesa universale, che nel Medioevo ha dato avvio alla rinascita dell’Occidente, con i liberi comuni , le repubbliche marinare, le città stato e che è stata la culla di tutte le arti e le scienze.
Quell’Italia che é stata definita come paese numero uno al mondo come influenza ed eredità culturale.
Nel Medio Evo é pure nata la grande letteratura italiana. Grazie a Dante, Petrarca, Boccaccio ed altri un “volgare” ha assunto la dignità e il valore di una lingua classica.
Dal ’500 questa lingua si è diffusa in tutta la penisola , nel Mediterraneo, nei Balcani e in tanta parte dell’Europa, dando a tutti i suoi parlanti una precisa identità culturale, un senso di appartenenza al di là dei confini.
C’era chi la parlava bene, secondo i canoni emersi dalla tradizione letteraria e chi si arrangiava senza tanto curare la forma.
Gli italiani fin dal ’500 hanno usato, oltre al dialetto della loro città o regione, una lingua comune, basata sul fiorentino con la quale comunicavano fra di loro al di fuori dei confini provinciali, e con portatori di una cultura superiore, come notai, preti, scrivani e con gli stranieri.
Non é vero che l’Italiano parlato fra italiani sia un prodotto dell’unificazione, gli italiani già si esprimevano nella lingua comune in varie occasioni ed hanno continuato a parlare fra di loro in casa, con i vicini e nel loro spazio regionale in dialetto fino all’avvento della televisione, negli anni ’50 del ’900.
Quanto detto sulla lingua é scritto e documentato in un libro “ L’ Italiano nascosto” del quale qui di seguito daremo una breve sintesi.
“L’ITALIANO NASCOSTO”
In questo volume, di un interesse straordinario viene messo in evidenza un fatto molto importante: cioè che la lingua italiana cominciasse ad essere parlata da gran parte degli italiani fin dagli inizi del’500.
La lingua naturalmente non era quella letteraria erede dei grandi autori del ’300, limitata ad una cerchia ristretta di fruitori ed utilizzatori, né era uno dei tanti dialetti di cui facevano uso, per le comunicazioni familiari ed in ambito locale.
Si trattava di un italiano standard usato nelle relazioni con italiani al di fuori dalla propria regione, con gli stranieri che avevano altre lingue materne, nelle prediche in chiesa e nei rapporti fra i meno colti ed i ceti istruiti.
L’ interpretazione prevalente della storia dell’italiano si è per molto tempo fondata sulla contrapposizione tra lingua letteraria e dialetti: da un lato raffinati eruditi della pagina, dall’altro una schiera di rozzi interpreti degli idiomi locali, incapaci di esprimersi nelle lingua comune.
Si é a lungo dissertato sul fatto che solo dopo l’unità si é cominciato ad usare un italiano standard grazie alle scuole del nuovo Regno d’Italia.
Utilizzando studi recenti e commentando numerosi documenti, anche inediti o rari, questo libro propone una visione radicalmente diversa e prospetta l’esistenza, nel corso dei secoli, di una terza componente: un italiano di comunicazione dalla vita nascosta, privo di ambizioni estetiche, ma utile a farsi capire.
Uno strumento linguistico spesso trasandato che, basato su una forte stabilità di strutture e su un’identità di lunga durata, ha permesso, sotto la spinta di bisogni primari, il concreto definirsi di rapporti tra scriventi (e parlanti) di luoghi e statuti sociali diversi.
Per definire questo inconsueto quadro linguistico e culturale sono citati e numerose testimonianze di personaggi, infimi e noti: streghe e servitori, mezzadri e parroci di campagna, mercanti, scrivani, interpreti e pescivendoli, mugnai e sovrastanti, briganti e soldati, ma anche catechisti e maestri d’abaco, monache, vescovi e santi insieme a famosi letterati che, nel disbrigo delle loro faccende quotidiane, non esitano a ricorrere a una semplicità comunicativa contigua al mondo subalterno.
Un’avventura o percorso nella storia della nostra lingua che consegna al lettore un panorama complesso e iridescente, ricco di forme intermedie e in chiaroscuro.
Approfondendo questo argomento si arriva alla constatazione che contrariamente a quanto si é a lungo creduto la bipartizione fra italiano letterario scritto e dialetto parlato va sostituto con una tripartizione che mette in evidenza una terza forma espressiva: un italiano orale che permetteva la comunicazione interregionale, non solo fra tutti gli abitanti degli stati italiani , ma anche fuori d’Italia nel Mediterraneo.
I preti predicatori venivano esortati ad fare uso, nelle prediche, né della lingua nativa, che sarebbe il dialetto, né del “fiorentino” che sarebbe la lingua letteraria ma della lingua comune, italiana, al di sopra delle tante altre in uso nella penisola.
L’autore citando varie fonti ci descrive come l’Italiano colto venisse usato nella diplomazia per la sottoscrizione di trattati internazionali, in cui nessuno dei firmatari era di lingua italiana; veniva pure usato dalla corte ottomana per comunicare con tutte le potenze europee.
L’ italiano era la lingua che i dracomanni- interpreti ufficiali nelle corti turche ed arabe, dovevano conoscere.
Tuttavia accanto all’italiano colto e letterario entrato nell’uso diplomatico prosperava nella vasta area che comprendeva la penisola italiana, i balcani e la sponda sud del mediterraneo un italiano standard sovra regionale usato non solo dagli italici ma da tutto un vasto mondo di commercianti navigatori marinai , scribi e militari, operatori vari per i quali questa lingua era lo strumento indispensabile per comunicare con chi parlava una lingua diversa.
Proprio come l’inglese oggi.
-Enrico Testa
L’italiano nascosto
Una storia linguistica e culturale
Piccola Biblioteca EINAUDI
Torino 2014 –
Per concludere:
MA L’IDENTITÀ ITALIANA ESISTE O PREESISTE ?
certo che esiste e ne sono fieri tutti, italiani ed italici.
Mi rendo conto di avere divagato; se si trattava di dare una risposta alla questione: esiste una identità italiana ?
La risposta é SI, l’identità italiana é molto forte, MALGRADO la
repubblica Italiana
L’identità italiana é quella che si basa sulla sua storia ultra millenaria.
La lingua degli angeli.
In quelle lingua parlano gli angeli in Paradiso? In Italiano, naturalmente, perché é questa la lingua più bella fra tutte la altre, la più musicale, quella più adatta ad esprimere l’armonia del creato.
“si, caro signore , per me non c’é dubbio che gli angeli del cielo parlano italiano. Impossibile d’immaginare che queste belle creature si servano di una lingua meno musicale.”
Con queste frasi si conclude il libro ” La lingua degli angeli” di Harro Stammerjohann; editore l’Accademia della Crusca Firenze 2013.
Harro Stammerjohann é tedesco, nato in Germania a Bad Segeberg nel 1938.
Professore di Linguistica Romanza insegna ed ha insegnato in Germania e negli Stati Uniti, é accademico straniero all’Accademia della Crusca. Ha scritto molte cose su lingue e linguistica, tanti libri e saggi fra cui Lexicon Grammaticorum. A Bio- Biblioggraphical Companion to the History of Linguistics (2° edizione 2009) . Ha scritto pure “Dizionario di Italianismi in francese,inglese e tedesco.
Crediamo opportuno segnalare questo volume ai nostri lettori:. Si tratta di un contributo notevole alla comprensione della “grandeur” della nostra lingua, che va ben al di la del numero dei suoi parlanti e della sua diffusione al di fuori dei confini nazionali.Nel libro viene illustrata la presenza della lingua italiana fuori d’Italia da tre punti di vista che si completano a vicenda:
Italianismo, Italianismi e giudizi sulla lingua italiana.
La prima parte é dedicata ai contatti con la civiltà italiana, per secoli modello per tutta l’Europa e oltre , l’italiano come lingua classica erede naturale del latino.
Vengono trattati argomenti come “lombardi”, l’attrazione delle università italiane, l’italianismo delle corti europee, la tradizione del Grand Tour, l’Italiano come la lingua della musica, il ruolo dell’emigrazione per la diffusione della lingua.
I contatti con la civiltà italiana sono spesso attestati da prestiti, cioè da parole e locuzioni italiane passate ad altre lingue.
L’esemplificazione e la classificazione di tali prestiti in quanto oggetti della linguistica sono l’argomento del capitolo “Italianismi”.
La terza parte, giudizi sulla lingua, é dedicata come gli stranieri hanno percepito la lingua italiana, con le opinioni tanti, dal medioevo ad oggi, fino all’accettazione generalizzata dell’ italiano come la lingua più belle del mondo.
Apprendiamo così’ in questo volume che , dopo l’inglese dei tempi odierni, é l’italiano la lingua che più di ogni altra ha influenzato le altre lingua europee, soprattuto il francese. L’autore cita infatti nella prefazione un breve brano di un autore francese di 12 righe in cui sono citati ben 27 italianismi, molti dei quali non del tutto riconoscibili come BAGUETTE, ESQUISSE, CALECON, BANDIT e BRIGANT invece sono facilmente riconoscibili.
Nella parte centrale del libro, Italianismi, senza essere ne apologetico né denigratorio l’autore ci dimostra quante parole dall’italiano sono passate a lingua straniere fino a destare preoccupazioni, nel ‘ 500, dei puristi francesi. Ma non solo la Francia fu contaminata, tutte le lingua, anche indirettamente, hanno subito la contaminazione dell’Italiano.